Rifiuti tessili: nuove misure per proteggere ambiente e salute - Rete Riuse
Rifiuti tessili e UE nuove misure volte a proteggere ambiente e salute

Rifiuti tessili: nuove misure per proteggere ambiente e salute

Lo scorso 5 luglio il Parlamento Europeo ha avanzato una proposta di modifica della direttiva 2008/98/EC sui rifiuti che stabilisce misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana.

 

Alimentare e tessile sono rispettivamente il primo e il quarto settore ad alta intensità di risorse che attualmente non aderiscono ai principi fondamentali UE di gestione dei rifiuti, e che richiedono la priorità in tema di prevenzione e, in seconda istanza, di preparazione per il riutilizzo e il riciclo.

Nell’ambito dei rifiuti tessili si può osservare un vero e proprio “disaccoppiamento” tra produzione di rifiuti e crescita economica del settore, in una società in cui i clienti sono incoraggiati a fare shopping impulsivo, incentivando così l’acquisto di maggiori quantità di vestiti nuovi.

Il totale dei rifiuti tessili, nel 2019, ammontava a 12,6 milioni di tonnellate (dati dello studio effettuato dal JRC – Joint Research Centre). I rifiuti di abbigliamento e calzature ammontavano a 5,2 milioni di tonnellate, pari a 12 kg per persona all’anno nell’Unione Europea.
Attualmente circa il 78% dei rifiuti tessili post-consumo (abbigliamento e calzature, tessili per la casa e tessili tecnici), non viene raccolto separatamente e finisce nei rifiuti domestici misti, destinati all’incenerimento o alla discarica. Solo l’8% del rifiuto tessile raccolto viene riutilizzato all’interno dell’UE (circa il 38% al di fuori dell’UE), mentre il resto viene esportato.

Allo stato attuale è improbabile che gli Stati membri siano pronti a gestire i volumi aggiuntivi previsti da raccogliere. La cernita dovrebbe avvenire nella maggior parte degli Stati membri in prossimità dei punti di raccolta dei rifiuti, e su scala più elevata, in quelli in cui le condizioni di mercato sono più favorevoli.

L’EEA (European Environment Agency) stima che per produrre la quantità di abbigliamento, prodotti tessili e calzature consumata nell’UE nel 2020, l’80% delle materie prime, l’88% dell’acqua, il 92% della terra utilizzata siano state reperite al di fuori dell’UE.

Pertanto prevenire, riutilizzare e riciclare i rifiuti tessili può contribuire in modo determinante a ridurre l’impronta ambientale del settore. Inoltre, i costi di gestione dei rifiuti di indumenti usati e tessili per la casa non sono inseriti nel computo dei nuovi prodotti. In media, i costi di raccolta e trattamento equivarrebbero a circa 12 centesimi per capo, tuttavia questi costi variano in base al tipo di articolo.

Occorre anche tenere conto del fatto che una parte significativa dei rifiuti tessili non selezionati che vengono esportati finisce in discariche illegali. La scarsità di infrastrutture che si occupano di cernita e riciclo può comportare che, anche dopo l’entrata in vigore dell’obbligo di raccolta differenziata, il trattamento dei rifiuti tessili non sia in linea con le direttive in materia di gerarchia dei rifiuti.

In una recente consultazione degli stakeholder, la Commissione ha ricevuto 197 risposte da parte di intervistati ubicati in 25 diversi Paesi, tra cui quattro paesi extra UE: 65 in Belgio che rispecchiano il numero di associazioni di categoria del settore e di organizzazioni non governative (ONG), 23 in Germania, 16 in Francia, 14 nei Paesi Bassi e 12 in Italia.

Dai responsi è emersa la forte e generale necessità di migliorare la gestione dei rifiuti tessili in linea con la gerarchia dei rifiuti, accompagnata da urgenti richieste di massima armonizzazione possibile per limitare l’impatto sull’industria dominata dalle PMI, in particolare per garantire la piena coerenza con i requisiti di progettazione ecocompatibile per i prodotti tessili nell’ambito dell’ESPR (Ecodesign for Sustainable Products Regulation) durante l’attuazione dei requisiti di modulazione dei diritti EPR (Extended Producer Responsibility).

L’attuale design e realizzazione dei capi di abbigliamento è una sfida aperta che deve tener conto del riciclo finale, della mancanza di tecnologie di selezione automatica e delle capacità necessarie per reperire le materie prime. Le parti interessate del settore del riuso e le ONG hanno sottolineato come l’abbigliamento second hand contribuisca alla riduzione dei rifiuti tessili e che la raccolta differenziata dei tessuti usati, e non solo dei rifiuti tessili, sia essenziale per garantire il riutilizzo.

Dal 24 maggio al 24 agosto 2022 è stata aperta anche una consultazione pubblica per raccogliere ulteriori dati, opinioni ed evidenze legate alla questione dei rifiuti tessili.
Il 16% degli intervistati (119 risposte), tra organizzazioni attive nel settore e cittadini, era residente o con sede in Belgio e l’11% in Italia (82 risposte).
Oltre la metà degli intervistati era d’accordo o fortemente d’accordo sul fatto di partecipare alla raccolta differenziata dei rifiuti tessili, con un differimento dei risultati a seconda del gruppo di stakeholder di appartenenza.

Tuttavia, solo il 40% delle autorità pubbliche, il 32% delle imprese e delle associazioni imprenditoriali, il 28% dei cittadini dell’UE e il 24% delle ONG era d’accordo o fortemente d’accordo nell’essere soddisfatto del sistema di raccolta dei rifiuti tessili in vigore nel luogo di residenza.

Al netto di quanto emerso dai dati di settore, dalle analisi e dalle consultazioni, la necessità è quella di promuovere tessuti durevoli e di alta qualità, migliorarne il riuso, ove possibile prepararli per il riutilizzo e aumentare la cernita per il riutilizzo, il riciclo e le infrastrutture di lavorazione. L’EPR dovrebbe inoltre rafforzare la gerarchia dei rifiuti, fissando obiettivi quantitativi per la prevenzione e la preparazione per il loro riutilizzo, garantire l’ecomodulazione delle tariffe e la concorrenza leale nel riciclo.